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Racconto tratto da una storia tragicamente vissuta (qualche anno fa).

Vinicio Capossela zingaroEsiste un filo rosso segreto che lega tra loro i cereali Nesquik, CSI Las Vegas, lo snobismo citazionistico affezionato alla persona di Vinicio Capossela e una mia personale teoria sul capitalismo, alla controversa pratica del pissing. Se non avete presente cos’è un flusso di coscienza associativo eccovene uno: arrivo da una serata che ha avuto per il sottoscritto lo stesso effetto dell’assenzio, ecco perché mi prendo la briga di portare questa mia testimonianza. Naturalmente c’è un altro motivo, ovvero l’insofferenza verso, non proprio Vinicio Capossela, che in realtà rispetto, ma nei confronti della fenomenologia che gira attorno a Vinicio Capossela.
E CSI, il capitalismo, i cereali, e il pissing cazzo c’entrano? Portate pazienza, ora ci arrivo.

Naturalmente c’è di mezzo anche una donna. Per forza di cose, quando si ha a che fare con Vinicio Capossela, occorre parlare di donne, perché Vinicio Capossela piace alle donne alle quali piacciono gli uomini che dicono di ascoltare Vinicio Capossela. «No, davvero, lui è un genio» ti dicono tra un botta e risposta, discorrendo del più e del meno, nell’esplicita complicità che si instaura quando due persone del sesso opposto, che si conoscono appena, si scambiano confidenze a proposito di gusti e passioni. Entrambi sanno che, dopotutto, si tratta di un test. Questa cosa l’ho sempre trovata curiosa: il fatto di misurare la propria compatibilità, anche sessuale, mediante la roba che ascolti, leggi, guardi. Chi più chi meno noi tutti siamo vittime di questi pregiudizi. E insomma, credo che sia alla portata di chiunque che Vinicio Capossela rappresenti in questo genere di cose un must. Una sorta di “santino delle persone sensibili”, dove sensibili sta per “persone artisticamente recettive/empatiche/eclettiche”: roba che può aiutare ad aprire l’irrigazione ad un certo tipo di ragazze.

Del resto Vinicio Capossela rappresenta un asso nella manica da giocare, la “matta” per molti palati: dici di essere fan di Vinicio Capossela e rischi di scoparti mezzo volontariato femminile post Dams, cacciagione da circoli Arci, laureate in filosofia, milf progressiste un po’ stronze, orecchini etnici e tacco basso, ragazze alla moda, sbarazzine, un po’ hipster che magari ti dicono di far orgogliosamente parte di un’organizzazione “no-profit-vattelapesca” creata apposta per far lavorare gente che non ne ha bisogno. Oppure ragazze che amano ribadire di amare Capossela come assicurazione del proprio ego artistico. Per loro è un po’ come andare in giro con una borsetta figa o con il giusto colore di rossetto. Dici di amare Capossela ed è come se ti appiccicassi un bollino d’origine controllata sulla fronte. Che sia vero o no, poco importa. In ballo c’è la valorizzazione di una determinata aura sociale o, al limite, una scopata. Dicesi anche “status symbol da conversazione”, con la stessa funzione di una poltrona Corbusier in un salotto da cocainomani. Vinicio Capossela è quella sorta di evergreen o nume tutelare che potrebbe equivalere, per certi circoli, agli Einstürzende Neubauten, un gruppo che ho sentito pronunciare ogni volta in maniera diversa ma da persone tutte uguali e sempre con lo stesso tono di voce, un po’ snob e nasale, stile sinusite da stronzo sotto il naso.

Magari sarà capitato anche a voi di trovarvi di fronte ad una tipa che vi dice: «Capossela? No davvero, lui è genio». Esticazzi, anche i Dream Theather lo sono, ma che paio di coglioni. Voglio dire, non che sia per forza di cose un’aggravante quella di essere bravi e suonare ugualmente della musica di merda – non sto dicendo questo di Capossela o dei Dream Theater – ma sono le motivazioni dei loro fan, le ragioni del loro attaccamento feticista e i loro sguardi a crearmi inquietudine. Cioè, nessuno che riesca a giustificare la loro fede se non pappagallando il solo e indissolubile dogma messianico del “Vinicio Capossela forever”. Sembra quasi di avere a che fare con degli interisti, o con degli evangelisti che interrogati su questioni teologiche non sanno spiegarti la storia dei fossili e dei dinosauri: “Embé? Gesù Cristo ti ama” dicono. La cosa può apparire surreale, invece è questo il succo del discorso, Bibbia compresa.

Ecco spiegata la popolarità di Capossela: lui c’ha l’imene intatto perché va oltre la musica, lui è un personaggio. La verità è che quasi nessuno dei suoi fan l’ha mai ascoltato veramente. Perché loro si cibano piuttosto dell’alter ego metafisico che agisce nel loro subconscio. È come se si trattasse di un condensatore di un immaginario disneyano-post-felliniano incrociato con del surrealismo da bettola vaudeville, del romanticismo marinaresco, whisky, fumo di sigaro e puzza di uomo vissuto. Capossela, in questo senso, appare come un tizio un po’ simile a Bukowski, un po’ a Tom Waits, un po’ a Paolo Conte, solo più cool, quindi spendibile nel mercato delle pulci delle nostre vili e futuli epopee di socialità da un tanto al chilo, tatuate di stilemi e prototipi di conversazione pre o appena post amplesso. Più che una questione di ormoni si tratta di spleen: cioè scopare a caso per illuderci di sfuggire al vuoto dell’essere. Anche una canzone de I Cani dice più o meno la stessa cosa: queste sono velleità. Chissà se l’Istat saprebbe dirmi a quanto stanno le statistiche sulle scopate rimediate grazie alla menzione di Vinicio Capossela. Ecco, “menzione”, ricordatevi questa parola. Se ci cambiate una vocale (“minzione”) assume il significato di pisciata… (ci stiamo avvicinando alla morale di questa storia).

Gli amanti di Vinicio Capossela sono quindi una genia tenace, varia e affezionata, un po’ come la lobby del lo-fi. Istintivamente sono portato a mettermi sulla difensiva quando ho a che fare con queste persone. Naturalmente, come vedrete alla fine di questo racconto, ho i miei buoni motivi per farlo. Sono arrivato al punto che è come se questi individui mi stessero confidando di votare PD. Voglio dire, magari si tratta anche di brava gente, ma da quel momento in poi, da quando vengo a sapere quella cosa lì, vengo assalito dall’ansia, è come se in me scattasse un countdown inesorabile prima di tagliare la corda. Dopotutto ognuno ha i propri campanelli d’allarme. Per gente sociopatica e misantropa come me, se non è Capossela è il cinema francese o i R.E.M. Oppure, se ti trovi in una libreria, o in una biblioteca, o in un caffé letterario, o in un cazzo di posto dove ci sono dei libri e hai di fronte una ragazza che ti dice di ascoltare Fiorella Mannoia, sparisci. Difficile che venga fuori dalla conversazione, ma stai pur sicuro che se capita che Fiorella Mannoia faccia capolino tra i suoi “likes” fuggi. Rischi di fare famiglia con una neo femminista tutta zuppe di farro, mercatini equo solidali e Paolo Coelho. A quel punto devi sperare intensamente che si tratti di una di quelle lesbiche militanti, altrimenti dovrai ucciderla o lei ti vendemmierà i coglioni. Ho un amico che si è sposato con una di queste. Accompagna ancora sua moglie ai concerti della Mannoia quando il tour passa dalle sue parti. I suoi figli sono vegetariani.

Per carità, una volta che entri nello spirito della cosa, un live di Capossela ti sembrerà un’esperienza degna di essere vissuta, fintanto che non ti giri a guardare le facce della gente. A quel punto ti sovviene un disagio interiore dilagante ed emorragico. La domanda che ti fai è piuttosto ovvia: anch’io ho avuto quella faccia da papa boy per tutto questo tempo? Diventi serio, taciturno, uno stronzo irascibile. Lei confonde tutto ciò con un pizzico di fascino. In realtà non sei tu ad essere figo e tenebroso, è lei che non ha capito niente della situazione. Per questo te la dà. E così finisci per avere una pseudo relazione con questa tipa che davanti a un bicchiere di rosso ti aveva confidato il proprio amore per Capossela fintanto che, una sera, mentre state guardando CSI Las Vegas sul divano, non decidete di scopare. Ma ad un certo punto lei decide di interrompere la cosa perché le scappa la pipì.

Attenzione: perché è questo il momento in cui accade qualcosa di strano ed imprevedibile e che mi ha illuminato a proposito di un aspetto fondamentale del capitalismo. A lei scappa tantissimo la pipì, ti chiede scusa ma deve andare in bagno perché non ce la fa più, «A meno che» dice, «non sei quel tipo di ragazzo che si lascia fare quel tipo di cose»… Lei cerca di spiegarsi ma il tuo ostile mutismo le rende progressivamente più difficilela vita. Vedendoti immobile, basito, disarmato, lei decide di andarsene in bagno perplessa, senza aggiungere altro, mentre una sensazione di sconvolgente imbarazzo le incendia le gote, mentre la tua virilità si tramuta in qualcosa di insignificante, mentre tu, ancora senza parole, colpito nel profondo, per non dire traumatizzato, realizzi che quello che è appena successo è successo per davvero.

Direte: cosa c’entra il capitalismo? Un attimo solo. Lì per lì non sai  cosa fare. Mentre lei è in bagno a fare la pipì come tutte le persone timorate di Dio, cerchi di riflettere sull’accaduto, sul perché di quel fraintendimento («ho davvero l’aria di uno che gradisce il pissing), magari anche di giustificarla perché lei ti piaceva, perché ci dev’essere sotto qualcosa, tipo il fatto di essere vittima di una candid camera porno. Perciò ti guardi in attorno, poi ti concentri sulla tv e ti accendi una sigaretta in attesa di risposte. La fumi ma sei costretto ad accendertene un’altra perché la tipa, morente dalla vergogna come chi sa di averla fatta grossa, non esce più dal cesso. Infatti inizi a sospettare che sia fuggita dalla finestra. Nel frattempo alla tv danno solo  pubblicità: i cereali Nesquik, i tuoi preferiti, e la prossima puntata di CSI Las Vegas, la tua serie preferita di allora.

Ora il punto non sta nel fatto che, da quella sera in avanti, non hai più avuto a che fare con quella ragazza, ma che da quella sera in poi non sei stato più in grado di guardare una sola puntata di CSI, mentre invece continui a comprare, ogni settimana, i tuoi cereali preferiti. La morale che personalmente ho ricavato da questa storia è la seguente: il capitalismo si fonda su una logica consumistica in grado di perforare qualsiasi stupro psicologico.

Ecco. Ora potete immaginare il mio stato d’animo quando ascolto Vinicio Capossela o quando una ragazza dice di adorare Vinicio Capossela. Torno giusto da una serata di quelle: «Vinicio Capossela? Per me è un poeta, lo adoro».
Quando mi dice quella cosa sorrido: «Sai, potrei raccontarti una storia divertente a riguardo» e gliela racconto. Alla fine lei ride e anziché inorridire mi fa qualche domanda, poi mi guarda e aggiunge: «Comunque quella teoria sul capitalismo secondo me è fondata».
La discussione va avanti. Oltre ad essere carina scopro che studia filosofia, che si dichiara di sinistra e che sua madre ha frequentato Fiorella Mannoia. Un’ora dopo ho cominciato a scrivere questo racconto.
No, non ci siamo scambiati il numero di telefono.

P.S. donna del pissing, ovunque tu sia, sappi che ti ho perdonata.




One thought on “Vinicio Capossela puzza di piscio

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